Äîêóìåíò âçÿò èç êýøà ïîèñêîâîé ìàøèíû. Àäðåñ îðèãèíàëüíîãî äîêóìåíòà : http://www.arcetri.astro.it/~marconi/TESI/SusannaBisogni.pdf
Äàòà èçìåíåíèÿ: Wed Jan 25 16:56:40 2012
Äàòà èíäåêñèðîâàíèÿ: Fri Feb 28 08:16:08 2014
Êîäèðîâêà:

Ïîèñêîâûå ñëîâà: m 17
` Universita degli Studi di Firenze Facolt` di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali a

Tesi di Laurea in Fisica di I livello

` BUCHI NERI SUPERMASSIVI E PROPRIETA DELLE GALASSIE OSPITI

Candidata: Susanna Bisogni Relatore: Prof. Alessandro Marconi

Anno Accademico 2007/08


Indice
Intro duzione 1 Nuclei galattici attivi 1.1 Galassie normali e AGN: principali differenze . . . . . . . . . . . . . . 1.2 Buchi neri supermassivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3 Il modello unificato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 Relazioni tra massa del BH e propriet` della galassia ospite a 2.1 Evidenze sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.1.1 Il campione di dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.1.2 Analisi dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Teorema del viriale e determinazione della massa degli sferoidi 2.2.1 Analisi dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3 Il piano fondamentale degli sferoidi . . . . . . . . . . . . . . . 1 2 2 3 6 9 11 12 13 17 17 18

. . . . . .

. . . . . .

. . . . . .

. . . . . .

3 Conseguenze delle relazioni BH-galassia 21 3.1 Galassie quiescenti (locali) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 3.2 L'argomento di Soltan . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Appendice Bibliografia 26 27

i


Intro duzione
L'esistenza di oggetti celesti "invisibili", responsabili di fenomeni di notevole complessit` ` un problema che ha origine gi` con le teorie di Newton. a, e a Negli anni '40 del secolo scorso, il dibattito si sposta sulla possibilit` che buchi a neri, di massa molto piu grande rispetto a quelli di origine stellare, si trovino al ` centro delle galassie che mostrano un'attivit` particolare. a La ricerca della singolarit` centrale all'interno delle galassie e di una possibile a connessione tra le fasi evolutive di tali strutture ha da allora costituito uno degli argomenti piu affascinanti dell'astrofisica. ` Dopo aver descritto la fenomenologia dei Nuclei Galattici Attivi (AGN) ed i processi che ne regolano l'emissione, si analizza il ruolo che i buchi neri supermassivi (Supermassive Black Holes, SMBH) ricoprono nelle strutture che invece non mostrano attivit` a. Vengono quindi evidenziate le relazioni che intercorrono tra la massa delle singolarit` centrali e le propriet` su larga scala delle galassie che le ospitano. a a Tali relazioni sono confermate dagli andamenti riprodotti per le galassie quiescenti che si trovano nell'universo vicino, e che consentono quindi un indagine piu ` semplice rispetto a galassie ad un redshift maggiore di zero. Quanto messo in luce dai risultati sperimentali supporta l'ipotesi che la formazione e l'evoluzione delle galassie siano indissolubilmente legate alle diverse fasi di attivit` del buco nero. a In particolare, la presenza di tale massa nelle strutture quiescenti testimonia la passata attivit` caratterizzante il primo stadio evolutivo di tutte le galassie. a

1


Capitolo 1 Nuclei galattici attivi
La popolazione di sorgenti extragalattiche ` costituita da oggetti di varia natura. e A fianco delle normali galassie, che predominano nell'universo circostante la Via Lattea, si trovano galassie che presentano caratteristiche anomale. In questo capitolo descriveremo le principali propriet` di tali galassie ed i processi che sono all'origine a della loro fenomenologia.

1.1

Galassie normali e AGN: principali differenze

La caratteristica piu evidente delle galassie attive, ed anche quella che ha permesso di ` osservare questi oggetti a grandi distanze, ` la loro luminosit` bolometrica, enorme e a se confrontata con quella irraggiata dalla sola popolazione stellare della galassia. Queste galassie hanno infatti luminosit` tipiche dell'ordine di 1042 - 1048 erg s-1 . a Oltre all'entit` anche la natura dell'emissione rivela la sostanziale differenza che corre a tra galassie normali e attive. La principale componente dell'emissione di una normale galassia ` dovuta alle stelle che la abitano. Essa irraggia infatti la quasi totalit` e a della sua potenza in due bande dello spettro elettromagnetico: visibile/vicino IR (400-1800nm) per quanto riguarda la luce delle stelle e lontano IR (1800-10000nm) per la polvere riscaldata dalle stesse. La distribuzione spettrale delle galassie attive invece copre l'intero spettro elettromagnetico (dalla banda radio ai raggi X) con una potenza confrontabile in tutte le bande, rivelando la presenza di sorgenti di tipo non stellare. I responsabili di questa particolare attivit` sono nuclei di dimensioni inferiori ad a 1 parsec, risiedenti nelle regioni centrali delle galassie, e quindi detti Nuclei Galattici Attivi (AGN). La loro luminosit` spesso supera di molte volte quella dell'intera a

2


popolazione stellare delle galassie che li ospitano, rendendone difficile il riconoscimento. Questo fu il motivo per cui, alla loro scoperta, si ipotizz` non si trattasse di o oggetti extragalattici ma di stelle peculiari. Le caratteristiche distintive degli AGN sono due: hanno dimensioni spaziali limitate e sono molto massivi. La compattezza degli AGN ` tradita dalla grande e variabilit` della loro emissione, che permette di vincolare le dimensioni della rea gione emittente. Le variazioni nella luminosit` di una sorgente infatti non possono a avvenire in tempi minori di quello impiegato dal segnale ad attraversare la stessa regione che lo emette; dato t come intervallo di variabilit` del segnale che si propaga a alla velocit` della luce c, uguagliandolo al tempo di transito sulla sorgente, ottenia amo le dimensioni della regione secondo la relazione R t c. Le scale di tempo che si registrano per le variazioni dei segnali vanno da qualche giorno a pochi minuti a seconda della banda in esame. Quest'ultimo aspetto suggerisce che le emissioni nelle diverse bande abbiano origine in regioni differenti del nucleo, le cui dimensioni determinano una variabilit` corrispondente. Come mostreremo meglio in seguito si a possono in effetti individuare zone specifiche responsabili dei vari tipi di emissione. Il secondo aspetto, ovvero che gli AGN siano molto massivi, ` un fatto supportato e da due argomenti differenti. Per prima cosa affinch´ l'energia gravitazionale di un e AGN riesca a bilanciare l'irraggiamento di una luminosit` bolometrica cos` grande a i (1042 - 1048 erg s-1 ) sono necessarie masse almeno dell'ordine di 106 M . In secondo luogo il periodo di attivit` di un AGN viene stimato essere dell'ordine di 107 - 108 a anni, durante il quale vengono consumati enormi quantitativi di materia. Abbiamo visto dunque che questi nuclei molto massivi danno luogo, in porzioni di spazio limitate, a fenomeni estremamente energetici e che questa attivit` non pu` a o essere spiegata dai soli processi termonucleari che interessano le stelle, sia per il tipo di emissione sia per l'altissima produzione di energia. Quest'ultima in particolare risulta assolutamente incompatibile con un'efficienza di conversione massa-energia dell'ordine di 10-3 , tipica dei processi di fusione nucleare nei nuclei delle stelle. C'` un solo processo in grado di conciliare tutti questi aspetti: l'accrescimento e di materia su un buco nero molto massiccio (Supermassive Black Hole; SMBH).

1.2

Buchi neri sup ermassivi

L'accrescimento di materia causato dalla forza di gravit` di un buco nero supera massivo, ovvero con massa compresa tra 106 -1010 M , ` l'unico meccanismo in grado e

3


di spiegare la produzione di accrescimento introduciamo La superficie sferica che degli eventi, ed il suo raggio

energia in un AGN. Prima di descrivere il processo di alcuni concetti riguardanti i buchi neri (BH). determina il confine di un buco nero ` detta orizzonte e ` il raggio di Schwarzschild : e rS
ch

=

2GM· , c2

(1.1)

dove M· ` la massa del BH. Il confine segnato dal raggio di Schwarzschild, che e dipende dunque dalla massa del BH, corrisponde alla distanza dal corpo per la quale la velocit` di fuga sia pari a quella della luce; n` materia n` onde elettromaga e e netiche possono quindi sfuggire all'attrazione gravitazionale se si trovano all'interno dell'orizzonte degli eventi, poich´ la loro velocit` di fuga dovrebbe superare questo e a valore limite. Ad una distanza ro = 3rS ch dalla singolarit` centrale si trova l'ultima orbita a stabile (nel caso di un buco nero non ruotante), superata la quale la materia ` e destinata a cadere dentro il buco nero non potendo piu sfuggire al suo potenziale ` gravitazionale. Si definisce inoltre la sfera di influenza come quella regione di spazio all'interno della quale il potenziale gravitazionale del buco nero domina su quello delle stelle circostanti. Il suo raggio ` dato da e rh = GM· , 2 (1.2)

dove ` la velocit` di dispersione delle stelle nella regione nucleare della galassia e a ospite. Oltre la sfera di influenza il potenziale gravitazionale del buco nero svanisce rapidamente. Vediamo adesso in cosa consiste il meccanismo di accrescimento. Il gas interstellare attratto gravitazionalmente dal buco nero, poich` dotato di momento angolare, e va a disporsi attorno ad esso in un disco ruotante detto disco di accrescimento. La viscosit` all'interno del disco, dovuta alla rotazione differenziale dello stesso, fa in a modo che il gas perda momento angolare e possa quindi muoversi in direzione del buco nero, compiendo orbite sempre piu piccole. La caduta del gas nel buco nero ` implica una conversione dell'energia gravitazionale in radiazione elettromagnetica: infatti il gas che si trovi a compiere un'orbita piu piccola sar` dotato di maggiore ` a velocit` e dunque di una maggiore energia cinetica; il disco di accrescimento si a riscalder` a causa della caduta del gas e della viscosit` ed emetter` radiazione tera a a mica. Dal momento che la temperatura del disco di accrescimento non ` costante il e suo spettro di emissione continuo sar` per` diverso da quello di un corpo nero ad a o

4


una singola temperatura. In particolare l'emissione a lunghezze d'onda minori avr` a origine nelle regioni piu interne del disco, quelle piu calde, mentre quella a lunghezza ` ` d'onda maggiori proverr` dalle zone piu esterne e piu fredde. Le parti interne del a ` ` disco di accrescimento saranno dunque visibili nei raggi X, quelle piu esterne nel blu ` e nel vicino UV. Per poter stimare l'energia prodotta durante il processo di accrescimento, e quindi anche l'efficienza di conversione di massa in energia, dobbiamo calcolare l'energia gravitazionale rilasciata da una particella di massa m che arrivi all'ultima orbita stabile da una distanza infinita dal buco nero. Come detto precedentemente, l'ultima orbita stabile si trova ad una distanza di 3rS ch dalla singolarit` centrale, e dunque a la variazione di energia potenziale risulta essere U
3rS
ch

= U - U

3rS

ch

=

GM· m . 3rS ch

(1.3)

La frazione di energia rilasciata che viene spesa nell'irraggiamento ` determinata dal e teorema del viriale. Il teorema del virale afferma che per un sistema chiuso, soggetto alla sola interazione gravitazionale, si ha 2 K + U =0, (1.4)

dove K e U indicano rispettivamente il valore di aspettazione dell'energia cinetica e dell'energia potenziale del sistema mediate su di un tempo sufficientemente lungo. Utilizzando il teorema di conservazione dell'energia nella (1.4) si trova l'energia irraggiata dal sistema E= U U3rS = 2 2
ch

=

GM· m . 6rS ch

(1.5)

Ricordando infine la (1.1) possiamo esprimere l'energia irraggiata E in termini dell'energia a riposo della particella di massa m 1 m c2 , (1.6) 12 dalla quale possiamo ricavare l'efficienza di conversione di massa in energia del processo di accrescimento 1 mc2 (1.7) = 12 2 = 0.083 . mc Come ci aspettavamo, il processo di accrescimento di un buco nero supermassivo ha un'efficienza piu grande di un fattore 10 rispetto ai processi di fusione che avvengono ` nelle stelle ed ` quindi in grado di sostenere la produzione di luminosit` che ` propria e a e di un AGN. Nel caso di un buco nero ruotante l'ultima orbita stabile si trova a distanze minori e si possono raggiungere efficienze fino a 0.4. E=

5


Figura 1.1: Modello Unificato per i Nuclei Galattici Attivi. Da Urry&Padovani (1995).

1.3

Il mo dello unificato

Gli AGN presentano caratteristiche fenomenologiche diverse da caso a caso. A dispetto della loro variet` che potrebbe far pensare ad oggetti di natura differa, ente, ciascun tipo pu` essere ricondotto ad uno schema comune, noto come Model lo o unificato. Secondo questo modello le differenze osservate nei vari AGN sono il risultato della diversa direzione di osservazione dello stesso fenomeno. Il paradigma di un AGN si riassume nei seguenti punti: · Il motore centrale, composto dal buco nero supermassivo circondato dal disco di accrescimento. · Un oggetto collimato di plasma relativistico che, tra le altre cose, porta via il momento angolare in eccesso permettendo l'accrescimento sul buco nero. I getti sono spesso visibili nelle frequenze radio e possono estendersi fino a 1M pc, terminando in lobi diffusi. · La Broad Line Region (BLR), regione delle dimensioni di giorni-mesi luce, formata da nubi di gas molto dense e calde che si muovono a velocit` elevate a -1 (> 1000k m s ), da cui l'emissione a righe larghe. · Una struttura di forma toroidale composta di gas e polvere che si estende per 1pc e che circonda il buco nero e la BLR. Il toro ` detto oscurante perch` pere e mette il passaggio inalterato della radiazione proveniente dalla regione centrale soltanto entro l'angolo solido non occupato dalla sua struttura.

6


· La Narrow Line Region (NLR), con dimensioni tipiche di 100pc - 1k pc, anch'essa composta da nubi di gas, ma molto piu fredde e rarefatte di quelle della ` BLR e con velocit` piu basse (100 fino a 1000k m s-1 ), caratterizzata dunque a` da righe di emissione piu strette. ` Come gi` accennato, ciascuna di queste regioni ` responsabile di una parte della a e complessa emissione del nucleo. Il disco di accrescimento emette radiazione nella banda ottica ed in quella UV, come testimonia il fenomeno noto come Big Blue Bump, un aumento dell'intensit` nello spettro nel passaggio dall'infrarosso all'ula travioletto. Il continuo X ` invece da associare all'effetto Compton inverso tra i e fotoni ottici-UV del disco e la corona di elettroni caldi che lo circonda. Sempre nella banda dell'ottico sono le righe di emissione sia della BLR che della NLR, causate dalla fotoionizzazione del materiale che compone le nubi da parte della radiazione nucleare. Il continuo IR ` dovuto all'emissione termica da parte della polvere e presente nella regione nucleare della galassia, anch'essa riscaldata dalla radiazione nucleare. L'emissione nel radio infine si deve sia alle sorgenti compatte all'interno della struttura del nucleo, sia ai lobi estesi ai quali queste sono direttamente collegate mediante i getti, ed ` da associarsi all'emissione di sincrotrone da parte degli e elettroni relativistici soggetti ai forti campi magnetici presenti. Gli AGN mostrano dunque peculiarit` differenti a seconda della direzione di a osservazione, per la precisione a seconda dell'orientazione del toro oscurante rispetto alla linea della vista. Dati per` i molteplici aspetti che possono caratterizzare un AGN esiste piu di o ` un tipo di classificazione, in dipendenza, sostanzialmente, della banda nella quale vengono osservati. Solo nell'ottico si possono evidenziare due classificazioni parallele. La prima deriva dalla luminosit` del nucleo e distingue tra galassie di Seyfert, con magnitudine a nel visibile MV > -23, e Quasi Stellar Ob ject (QSO), con magnitudine minore. La seconda invece caratterizza il tipo di emissione e distingue tre tipi di nuclei: AGN di tipo 1, con emissione continua nel blu e nell'UV e righe di emissione sia larghe che strette (corrispondenti infatti ad una posizione frontale del toro di gas e polvere che permette di vedere il nucleo compatto e la BLR, oltre alla NLR), AGN di tipo 2 distinte dalla presenza delle sole righe strette (corrispondenti ad una visione laterale del toro, che quindi nasconde la regione centrale e permette di vedere solo la NLR) ed i LINERs (Low Ionization Narrow Emission Region), caratterizzati da spettri di emissione a bassa eccitazione non spiegabili con fenomeni di natura stellare. Questa classificazione corrisponde anche ad una sequenza di luminosit` a.

7


Per gli AGN che emettono nella banda radio si possono distinguere convenzionalmente due classi: quasar e radiogalassie, a seconda che la controparte ottica sia o meno puntiforme. Tuttavia una classificazione che meglio caratterizzi le propriet` delle galassie a radio ` data dalla posizione dell'osservatore rispetto alla direzione del getto: le e radiogalassie mostrano i getti ed i lobi perpendicolarmente alla linea della vista, le Quasar Radio-loud sono osservate vicino all'asse del getto e le blazar rappresentano il caso limite in cui l'osservatore si trovi proprio lungo la direzione del getto. Quelle discusse sono solo alcune delle classificazioni possibili per oggetti di questa natura, che hanno la peculiarit` di presentare spesso delle eccezioni; ` comunque a e ormai uso comune chiamare quasar quegli AGN che abbiano luminosit` L 1012 L , a anche se la loro emissione radio non raggiunge l'intensit` richiesta per questa dea nominazione.

Nell'universo locale il 10% delle galassie mostra questi particolari fenomeni di attivit` Inoltre la possibilit` di osservare oggetti sempre piu distanti ha permesso a. a ` di notare la presenza di un maggior numero di galassie di tipo quasar ad un redshift z 2 - 3 rispetto a quanto osservato al tempo attuale (z = 0). L'insieme di queste considerazioni ha portato a supporre che un'attivit` di tipo quasar non sia una a prerogativa di un certo tipo di galassie rispetto ad un altro, ma che si possa trattare di una fase evolutiva comune a tutte le strutture. Ci dovremmo aspettare quindi che anche le galassie locali, quiescenti, contengano dei buchi neri supermassivi, relitti di una passata attivit` a. Questa ipotesi ha trovato in effetti conferme sperimentali.

8


Capitolo 2 Relazioni tra massa del BH e propriet` della galassia ospite a
Tra le ipotesi correnti, quella piu accreditata prevede che all'interno della gran ` parte delle galassie, se non in tutte, risiedano buchi neri supermassivi (M· 106 - 1010 M ); studi compiuti su alcune galassie quiescenti, a noi generalmente piu vicine e dunque piu facilmente sondabili, hanno in effetti rivelato la presenza di ` ` SMBH "inattivi". Dai dati sperimentali sono inoltre emerse strette correlazioni tra le masse delle singolarit` centrali e le propriet` su larga scala delle galassie che li a a ospitano.

I metodi usati per la determinazione della massa di SMBH sono molteplici e sfruttano le diverse caratteristiche delle galassie in esame. Una prima distinzione si deve alla distanza dell'oggetto d'indagine. Per le galassie piu vicine ` possibile effettuare uno studio della cinematica spazialmente risolta delle ` e stelle o del gas presenti nelle strutture; un'analisi di questo tipo permette di stimare il potenziale gravitazionale richiesto per spiegare il campo di velocit` osservato, a e, noto il quantitativo di massa in stelle nella regione nucleare, di determinare la massa dell'oggetto oscuro non risolto spazialmente, responsabile delle alte velocit` a registrate. La Via Lattea e le galassie dotate di nubi maser1 costituiscono dei casi particolari
Le nubi maser (Microwave Amplification by Stimulated Emission of Radiation), se opportunamente stimolate (in questo caso dal nucleo attivo), emettono ad una frequenza caratteristica di 22 GH z ; lo studio dell'emissione permette di definire il moto del disco formato dalle nubi, e quindi della massa centrale che lo causa.
1

9


per questo tipo di tecnica: il Centro Galattico rappresenta infatti il caso limite dell'analisi della cinematica stellare, per il quale, data la relativa vicinanza del BH, ` possibile lo studio dei moti delle singole stelle; le nubi maser d'acqua, confinate in e un disco a distanza di pochi parsec dalla singolarit` centrale, permettono lo studio a di regioni molto ristrette se confrontate con quelle tipiche della cinematica del gas nel caso generale. I metodi descritti finora sfruttano l'effetto del campo gravitazionale del BH sul moto di ci` che lo circonda; questo ` possibile soltanto finch´ ci si trovi all'intero e e no della sua sfera di influenza. La risoluzione di quest'ultima ` quindi condizione e necessaria, ma non sufficiente, affinch´ la stima della massa non sia affetta da gravi e errori sistematici. Il raggio della sfera di influenza di un SMBH di media grandezza (108 M ), supposta una velocit` di dispersione delle stelle nella regione nucleare di 200 k m s-1 , a risulta essere, dalla (1.2), rh 11.2 M· 108 M 200k m s
-2 -1

pc ,

(2.1)

al quale corrisponde, ad una distanza D = 20M pc, un angolo sotteso h 0.1 M· 108 M 200k m s
-2 -1

D 20M pc

-1

.

(2.2)

Questa rappresenta attualmente la risoluzione limite ottenibile con Hubble Space Telescope (HTS) e con ottiche adattive da terra con telescopi da 8-10 m di diametro. La limitata dimensione delle regioni in esame rende impossibile indagini di questo tipo su galassie lontane, per le quali ` stato dunque necessario escogitare metodi e alternativi, maggiormente soggetti ad errore rispetto a quelli tradizionali. Per limitare il problema, esattamente come nel caso della scala delle distanze, si eseguono delle calibrazioni, applicando alle galassie vicine per le quali questo ` e possibile, sia le tecniche di cinematica, sia quelle alternative. Confrontando i dati ricavati da criteri diversi per gli oggetti locali, si riesce quindi ad affinare il metodo di estimazione anche per le masse piu lontane. Nel nostro caso il campione esaminato ` ` costituito da oggetti che si trovano nell'universo vicino, quindi ad una distanza e tale da permettere l'utilizzo delle tecniche del primo tipo. Attualmente ` stato possibile stimare la massa di BH risiedenti in circa 50 e galassie. In questa sezione esamineremo le correlazioni, rivelate dai dati sperimentali, tra le masse centrali ed alcune delle caratteristiche delle galassie che le ospitano.

10


2.1

Evidenze sp erimentali

Alla fine degli anni settanta le osservazioni permisero di individuare relazioni empiriche tra alcune delle propriet` su larga scala delle galassie: la velocit` di dispera a sione nelle ellittiche, e nello sferoide delle spirali, risultava legata alla luminosit` a delle galassie nelle varie bande [FJ76]. Alla fine degli anni novanta la scoperta della presenza di BH anche in galassie quiescenti, oltre che negli AGN, fece compiere un passo ulteriore: gli studiosi ipotizzarono che tali propriet` non fossero soltanto collegate tra loro, ma che esistesse a una relazione con la massa del motore centrale, la cui presenza era necessaria alla giustificazione dell'attivit` di parte delle galassie [KR95, FM00, GBB+ 00]. A para tire dal ridotto campione di dati a disposizione all'epoca, si cominciarono dunque a studiare le relazioni tra la massa dei buchi neri e le propriet` delle galassie nelle a quali risiedono. Le grandezze relative alle galassie per le quali, nel corso degli anni, ` stata e riscontrata una dipendenza da M· sono: · , velocit` di dispersione della popolazione stellare della galassia, a · L, luminosit` della galassia nelle varie bande, a · Re , raggio effettivo, definito come il semiasse maggiore dell'isofota che contiene met` della luce della galassia, a · MS ph , massa dello sferoide, inteso come l'intera galassia nel caso delle ellittiche e come il rigonfiamento centrale, piu denso, nel caso delle spirali. ` Queste leggi di scala sono, di fatto, riconducibili alla relazione tra la massa del BH ed una soltanto delle caratteristiche della galassia che abbiamo elencato (si ` soliti e attribuire alla massa dello sferoide il ruolo principale), dalla quale, mediante semplici considerazioni fisiche, discendono tutte le altre. Riportando su scala logaritmica la massa del SMBH ed una qualunque delle quattro propriet` in esame troviamo una dipendenza di tipo lineare molto stretta, a ovvero M· X ; ci` ha condotto ad ipotizzare che la storia evolutiva del SMBH e o quella della galassia che lo ospita siano indissolubilmente legate. Tale aspetto verr` a approfondito in seguito.

11


2.1.1

Il campione di dati

Il campione di dati ` costituito da tutte quelle galassie (circa 50) per le quali ` e e disponibile una stima diretta della massa del buco nero centrale, ovvero per le quali ` stato possibile risolvere la sfera di influenza. Sono state dunque ricercate per tali e galassie le misure di , L ed Re presenti in letteratura. Ci siamo basati principalmente su raccolte analoghe pubblicate da [Gra08b, Mar03, Gra08a]. Per quanto riguarda le grandezze L ed Re , non ` stato possibile ottenere un set e completo di dati per tutte le galassie; in ogni caso, come si pu` vedere in Appendice, o solo una piccola parte degli oggetti non risulta avere una raccolta di dati completa. In alcuni casi si ` resa necessaria l'elaborazione dei dati al fine di rendere il e ` campione omogeneo. E questo il caso, per esempio, del raggio effettivo Re e della magnitudine M di alcune galassie, per le quali, a causa di un aggiornamento nelle distanze, ` stata effettuata la seguente correzione: e R =R


D D

, D D ,

(2.3) (2.4)

M = M - 5log

dove l'asterisco contrassegna le variabili aggiornate. La luminosit` ` stata determinata a partire dalla grandezza effettivamente riporae tata in [Mar03], la magnitudine, mediante la relazione: LK = 10
-(MK -MK )/2.5

LK ,

(2.5)

dove LK e MK sono, rispettivamente, luminosit` e magnitudine solare in banda K , a banda fotometrica centrata a 2.2µm e di larghezza 0.4µm. Le misure di magnitudine alle quali si fa riferimento sono state effettuate in questa banda, nel vicino infrarosso, poich´ a questa lunghezza d'onda, rispetto alla banda ottica, il segnale risulta meno e soggetto al fenomeno dell'estinzione2 .
Si tratta del processo per cui la radiazione viene assorbita (e talvolta riemessa ad una differente frequenza o deviata dalla sua direzione originale) a causa dell'attraversamento del mezzo interstellare. L'estinzione alla quale ` soggetto un segnale dipende dalla sua frequenza; se ` e e la generica lunghezza d'onda alla quale il segnale viene osservato, la magnitudine osservata sar` a mobs = m + A e l'estinzione corrispondente A -1.75 . Quindi A = AV (/5500° -1.75 , dove A) AV rappresenta l'estinzione nel visibile. Nel caso particolare della banda K ( = 2.2µm) questo conduce ad un'estinzione AK 0.1AV ; il fenomeno si riduce quindi di un fattore 10 rispetto alla banda ottica.
2

12


2.1.2

Analisi dati

Le grandezze relative alle galassie in esame ( , LK ed Re ) sono state riportate in grafico, su scala logaritmica, in funzione della massa del BH corrispondente. Come atteso, ciascuna serie di dati mostra un andamento lineare in dipendenza della massa della singolarit` centrale. a Per verificare il tipo di proporzionalit` che lega le propriet` della galassia e a a la massa del BH ` stato eseguito un fit lineare. Ai fini della determinazione dei e parametri che meglio approssimano l'andamento sperimentale ` stato utilizzato il e metodo dei minimi quadrati, tenendo conto non soltanto dell'incertezza di misura associata alla variabile in ordinata come nel caso ordinario, ma anche di quella relativa alla variabile in ascissa sulla base dell'influenza esercitata sulla prima. Il 2 da minimizzare ha dunque la seguente forma:
N

=
i=1

2

(yi - a - bxi )2 , y 2

(2.6)

dove a e b sono i parametri incogniti da determinare, y ed x i logaritmi dei nostri dati e y 2 ` dato da e y 2 = y 2 + (bx)2 . (2.7) Infine, alla funzione di fit ` stata data la forma e y = a + b(x - x0 ) , (2.8)

con x0 ascissa di un punto centrale della distribuzione dei dati. In questo modo gli elementi non diagonali della matrice di covarianza dei parametri a e b risultano piu piccoli rispetto al caso in cui alla coordinata x non venga sottratto ` il valore x0 . Infatti, sottraendo alle ascisse il valore centrale della distribuzione x0 si garantisce che una piccola variazione nell'intercetta a della retta con gli assi non produca una variazione significativa della pendenza b nella regione in cui si trovano i punti della distribuzione e questo corrisponde, in effetti, ad una minore correlazione tra i due parametri. Il programma utilizzato per eseguire il fit, Gnuplot, riporta, alla fine di ogni iterazione, una serie di parametri che permettono di valutarne la bont` secondo il a test del 2 , quali il numero di gradi di libert` (pari al numero di dati meno quello a dei parametri incogniti da stimare), la somma pesata degli scarti quadratici dei dati in input rispetto ai valori corrispondenti della funzione di fit, ovvero il 2 , ed infine, il 2 ridotto, ottenuto dividendo il 2 per il numero di gradi di libert` N . a

13


1e+10

1e+09

Mbh (Msolari)

1e+08

1e+07

1e+06

100000 100 Velocita' di dispersione (Km/s) 1e+10

1e+09

Mbh (M solari)

1e+08

1e+07

1e+06 1e+09

1e+10

1e+11 Lk (Lk solari)

1e+12

1e+13

Figura 2.1: In alto: Massa delle singolarit` M· in funzione della velocit` di dispersione . In a a
basso: M· in funzione della luminosit` in banda K . Le rette continue rappresentano il best fit dei a 2 minimi quadrati con il nella (2.6). Le rette tratteggiate rappresentano invece il best fit con il 2 in (2.9), che tiene conto della dispersione intrinseca .

14


1e+10

1e+09

Mbh (Msolari)

1e+08

1e+07

1e+06 0.01 1e+10

0.1

1 Re (Kpc)

10

100

1e+09

Mbh (M solari)

1e+08

1e+07

1e+06 1e+08

1e+09

1e+10 1e+11 Msph(M solari)

1e+12

1e+13

Figura 2.2: In alto: Massa dei BH M· in funzione del raggio effettivo Re . In basso: M· in
funzione della massa degli sferoidi MS ph . Le rette continue rappresentano il best fit dei minimi quadrati con il 2 nella (2.6). Le rette tratteggiate rappresentano invece il best fit con il 2 in (2.9), che tiene conto della dispersione intrinseca .

15


log M· = a + bX X log ( /200 k m s-1 ) 8.16 8.16 11 log LK /10 LK 8.10 8.23 log (Re /5 k pc) 8.29 8.4 11 log (MS ph /10 M ) 8.06 8.11 a ± ± ± ± ± ± ± ± 0.05 0.05 0.08 0.09 0.09 0.1 0.06 0.06 4.2 4.2 .94 .88 .81 .80 .67 .72 b ± ± ± ± ± ± ± ± 0.3 0.4 0.13 0.13 0.12 0.14 0.07 0.07 N 6.1 47 1.0 47 20.3 30 1.0 30 12.4 36 1.0 36 6.0 36 1.0 36
2 N

0.32 0.45 0.49 0.33

0 0 0 0 0 0

± ± ± ±

0.04 0.06 0.06 0.04

Tabella 2.1: Risultati dei fit: nella prima colonna compare il logaritmo delle grandezze in esame,
al quale ` stato sottratto il logaritmo del valore scelto come punto centrale della distribuzione (x0 ). e Le altre colonne riportano, rispettivamente, il valore dei due parametri fittati a e b, il 2 ridotto ed il numero di gradi di libert` N . Per ciascuna grandezza viene inoltre riportato, nella seconda a riga, il risultato del fit che tiene conto anche della dispersione intrinseca ed il valore corrispondente di .

I risultati dei fit sono riportati in Tabella 2.1. Per quanto riguarda il 2 ridotto, in tutti e tre i casi il valore del parametro non risulta pari ad 1, e solo nel caso di risulta confrontabile con l'unit` questo problea; ma ` da attribuire alla presenza di dispersione intrinseca, ovvero di uno sparpagliae mento residuo nei dati una volta considerati, ed eliminati, gli errori riconducibili alla misura. Questa caratteristica ` propria di tutte le correlazioni tra variabili che descrivano e sistemi astrofisici, ed ` riprova delle complesse dipendenze che regolano queste e strutture. Sono stati dunque rieseguiti i fit per ciascuna grandezza, stavolta tenendo conto, all'interno del 2 , del termine di sparpagliamento aggiuntivo:
N

=
i=1

2

(yi - a - bxi )2 , (y 2 + (bx)2 + 2 )

(2.9)

con dispersione intrinseca. Per poter dare una stima di , il suo valore ` stato e 2 variato, all'interno del fit, fino a quando il ridotto non ` risultato pari ad 1; e l'errore associato ` stato determinato variando nuovamente il valore di , di modo e che il 2 ridotto differisse dal valore di aspettazione 1 di un quantitativo pari alla deviazione standard 2/N .

16


Le relazioni di proporzionalit` ottenute dalla stima dei parametri risultano cona sistenti con quelle presenti in letteratura. Nelle Figure 2.1 e 2.2 vengono riportate le masse M· in funzione, rispettivamente, della velocit` di dispersione stellare , della luminosit` LK e del raggio effettivo Re . a a La retta continua ` quella ottenuta dai valori dei parametri che minimizzano il 2 e in (2.6), mentre quella tratteggiata dai valori dei parametri che minimizzano il 2 in (2.9), che tiene conto anche della dispersione intrinseca . Il fatto che l'andamento sperimentale della velocit` di dispersione in funzione a della massa delle singolarit` centrali sia caratterizzato da un valore della dispersione a intrinseca ridotto, se confrontato con gli altri, oltre a rendere ragionevole l'utilizzo di tale relazione di linearit` per la predizione delle masse dei BH, conferisce alla a grandezza in questione un ruolo di primo piano nella connessione tra galassia e motore centrale [FM00]; l'entit` della dispersione intrinseca tradisce infatti un legame a cos` stretto da suggerire la presenza di un feedback tra la crescita del buco nero e le i fasi di formazione stellare della galassia che lo ospita. Questo argomento verr` preso nuovamente in considerazione nel prossimo capia tolo.

2.2

Teorema del viriale e determinazione della massa degli sferoidi

La massa degli sferoidi ` stata determinata a partire dalle altre grandezze in gioco e mediante l'utilizzo della (1.4). Dall'equilibrio tra energia cinetica e gravitazionale si pu` infatti risalire alla o massa incognita mediante la relazione 2 Re , (2.10) G dove ed Re sono i medesimi dati utilizzati nel precedente paragrafo, ed f ` un e fattore numerico che, da accurati studi dinamici, ` risultato essere pari in media a e 5. Per quelle galassie per le quali erano disponibili tutti i dati necessari sono state dunque determinate le masse che si trovano nella tabella in Appendice. MS
ph

=f

2.2.1

Analisi dati

Analogamente a quanto fatto per le altre grandezze, ` stato eseguito un fit lineare per e determinare il rapporto di proporzionalit` con la massa dei BH centrali. I risultati, a

17


sia quello che tiene conto della dispersione intrinseca che quello con il 2 nella (2.6), riportati in Tabella 2.1, mostrano una dipendenza di tipo lineare. Questo esito conduce nuovamente all'ipotesi che la formazione e l'evoluzione dei buchi neri siano strettamente collegate a quelle delle galassie ospiti. In particolare, la correlazione lineare suggerisce che la quasi totalit` della crescia ta del buco nero, e conseguentemente l'attivit` di tipo quasar, avvengano in cona comitanza alla formazione della galassia, aspetto che sembra confermare la teoria dell'attivit` come fase comune a tutte le strutture e che ben si accorda alla presenza a di buchi neri inattivi nelle galassie quiescenti. I dati qui elaborati verranno nuovamente presi in considerazione, nel prossimo capitolo, per una esame piu dettagliato di tale teoria. `

2.3

Il piano fondamentale degli sferoidi

Dall'esame dei dati sono emerse le relazioni che intercorrono tra massa dei BH e propriet` su larga scala delle galassie ospiti; in particolare, si ` visto come tra la a e stessa massa dello sferoide e quella della singolarit` centrale sussista un rapporto di a linearit` a. Si pu` dimostrare come questi risultati non siano affatto indipendenti. o Esiste infatti una relazione che lega tra loro le grandezze caratteristiche delle galassie , LK , Re , detta Piano fondamentale degli sferoidi, espressa dall'equazione Re µ con 1.4 e
-

,

(2.11)

0.85, e dove µ, densit` di luminosit` ` definita come a a, e µ= L 2 R
2 e

.

(2.12)

In Figura 2.3 si pu` notare come i dati riportati in Appendice verifichino la o relazione (2.11). La dispersione intrinseca, caratterizzante le relazioni di cui abbiamo parlato nei precedenti paragrafi, ` proprio segnale della presenza di questa legge fondamentale: e tale dispersione ` conseguenza del fatto che le relazioni esaminate risultano essere e proiezioni, su due soli parametri, del piano degli sferoidi a tre parametri. Questa espressione ` detta piano fondamentale poich` se ne consideriamo il e e, logaritmo, otteniamo una relazione lineare che rappresenta un piano geometrico. Il significato fisico di tale piano ` la dipendenza del rapporto massa-luminosit` della e a

18


0.001

0.0001 sigma^alpha mu^-beta

1e-05

1e-06

1e-07 0.1 1 Re (kpc) 10 100

Figura 2.3: Piano fondamentale degli sferoidi. L'andamento dei dati sperimentali in Appendice
verifica l'andamento atteso; la relazione del piano alla quale si fa riferimento ` Re µ- , con e 1.4 e 0.85.

galassia dalla luminosit` stessa; dalle (2.11) e (2.12), e mediante il teorema del viriale a espresso come in (2.10), si arriva infatti a scrivere, dopo alcuni passaggi algebrici, MS ph L L


,

(2.13)

dove = 0.21. Se ne pu` dedurre che le galassie piu luminose sono anche quelle con una popoo ` lazione stellare piu vecchia. ` ` E possibile dimostrare come, combinando il piano fondamentale con una qualunque delle relazioni M· - X , per esempio X = , si possano ottenere tutte le altre. Dall'analisi dei nostri dati, la massa del BH dipende dalla velocit` di dispersione a secondo una potenza circa pari a 4. A partire dunque da M· 4 , (2.14) utilizzando la relazione di Faber-Jackson (L 4 ), si pu` scrivere: o M· L , che ` in buon accordo con quanto determinato dai nostri dati (M· L0.9 ). e (2.15)

19


Per la massa degli sferoidi si pu` partire dall'equazione precedente; riscrivendo o la relazione (2.13) come MS ph L1.2 , (2.16) si ottiene M· MS
(1/1.2) ph 0 MS .8 ph

,

(2.17)

anche questa in accordo con quanto riportato in Tabella 2.1. 07 Si pu` dimostrare che il medesimo ragionamento, condotto a partire da M· MS.ph , o porta nuovamente alla relazione trovata per L M· ( MS ph 0.7 0.7 ) L L0.84 , L (2.18)

ma verifica meno bene quanto trovato per : M· L0
.84



3.6

.

(2.19)

Questo risultato suggerisce che possa essere la "temperatura" dello sferoide ospite, intesa come energia cinetica delle stelle che lo abitano, piu che MS ph , a fissare ` la massa del buco nero centrale, e che quindi spetti a il ruolo principale tra le propriet` su larga scala delle galassie. a

Quanto discusso finora pone le basi per un'indagine su una possibile connessione tra formazione ed evoluzione della galassia e del buco nero che la abita. Abbiamo visto, infatti, come tra le caratteristiche su larga scala di queste strutture e la massa della singolarit` ci siano relazioni strettissime; questo ci permette di a spingerci oltre e di ipotizzare che la formazione del BH e della galassia siano strettamente legate e che la fase di crescita del BH avvenga in concomitanza della(?) formazione stellare. Questa ipotesi ` in buon accordo anche con l'evidenza sperimentale che pone e una grandissima percentuale degli oggetti di tipo quasar ad un redshift z 2-3 (corrispondente anche al redshift al quale si ha il massimo della formazione stellare nelle galassie), e che prenderemo in considerazione nel prossimo capitolo.

20


Capitolo 3 Conseguenze delle relazioni BH-galassia
La svolta necessaria alla comprensione delle diverse fasi evolutive delle galassie ` lo e studio di tali strutture ad un redshift z > 0 (z = 0, universo locale); ` noto infatti e come per indagini di natura astrofisica, che coinvolgono distanze cos` importanti, i guardare a distanza nello spazio corrisponda a scoprire cosa ` accaduto indietro nel e tempo. Il crescente progresso nell'ambito delle osservazioni ha fatto in modo che il concetto di alto redshift cambiasse significativamente nel giro di pochi anni; se fino a poco tempo fa ci si poteva spingere soltanto fino ad un redshift z 1, adesso ` e possibile esplorare con relativa facilit` regioni dell'universo a z 3 - 6. a Tali indagini hanno evidenziato la presenza di una maggiore percentuale di galassie con attivit` di tipo quasar in una porzione dell'universo con z 2 - 3, a detta perci´ Era dei quasar (per il medesimo dualismo spazio-tempo che ` consueto o e nell'astrofisica). Nella parte conclusiva di questo lavoro verranno esaminati gli aspetti a favore dell'ipotesi che associa l'attivit` quasar ai primi stadi evolutivi delle galassie; in para ticolare questo problema verr` analizzato dal punto di vista dei buchi neri, del ruolo a di "fossili" di un'antecedente attivit` che questi ricoprono nelle galassie quiescenti e a di quello di motori centrali svolto all'interno degli AGN.

21


3.1

Galassie quiescenti (lo cali)

Secondo quanto detto finora l'universo locale ` costellato di galassie quiescenti che e ospitano BH ormai "spenti". Inoltre, dai dati sperimentali precedentemente esaminati, ` emersa una corree lazione di tipo lineare tra la massa delle strutture ospiti e quella delle loro singolarit` a centrali. Dai medesimi dati esaminati nel precedente capitolo ` possibile dare una stie ma della "demografia" dei BH; si pu` infatti notare che log (M· /MS ph ) ` una diso e tribuzione gaussiana di media µ = -2, 9 e deviazione standard = 0.4 (della quale per` il contributo di interesse ` quello dato dalla dispersione intrinseca 0.3 dex, o e ovvero quello che rimane una volta eliminati gli errori riconducibili alla misura) (Figura 3.1). Per poter indagare sul ruolo giocato dai BH nelle galassie quiescenti, dobbiamo determinarne la densit` di massa · nell'universo locale, dove le normali strutture a predominano in maniera significativa rispetto a quelle attive. A questo scopo ` e prima necessario determinare la densit` di massa S ph da attribuire agli sferoidi. Il a valor medio della distribuzione gaussiana log (M· /MS ph ) permetter` poi una stima a

6 'freq.dat'

5

4

3

2

1 -2 -2.5 -3 log(Mbh/Msph) -3.5 -4

Figura 3.1: Distribuzione log (M· /MS ph ). L'istogramma ` stato ottenuto dai dati in Appendice; e
la distribuzione dei dati ` di tipo gaussiano con media µ = -2.9 e deviazione standard = 0.4, e della quale, considerati gli errori dovuti alla misura, rimane il contributo dovuto alla dispersione intrinseca 0.3 dex.

22


di · a z = 0. Ai fini della valutazione della densit` di massa da attribuire agli sferoidi si deve a considerare il quantitativo di materia barionica, ovvero non oscura, presente al nostro redshift. La quantit` di materia barionica viene stimata a partire dalla densit` di lua a minosit` osservata, motivo per cui ` necessaria, anzitutto, una distinzione delle a e strutture in piu categorie, dovuta alla loro morfologia: ellittiche, spirali e irregolari ` contribuiranno infatti in maniera disuguale, a causa della diversa distribuzione stellare, e quindi la funzione di densit` di luminosit` verr` moltiplicata per un fattore a a a che tenga conto della corrispondente geometria del sistema [FHP98]. Il valore ottenuto da un calcolo di questo tipo risulta essere S
ph

3.7 â 10

8

M . M pc3

(3.1)

Moltiplicando la densit` di massa negli sferoidi per il rapporto M· /MS ph = a 10 0.0013 determinato sperimentalmente, si ottiene dunque la densit` di massa a dei BH nell'universo locale:
-2.9

·0 = S

ph

M· MS ph

4.8 â 105

M . M pc3

(3.2)

Ci chiediamo se sia possibile identificare questi oggetti massivi, presenti nell'universo locale (z 0), con i fossili dei motori centrali che consentono agli AGN di produrre le tipiche luminosit` a.

3.2

L'argomento di Soltan

Lo scopo dell'argomento di Soltan [Sol82] ` di verificare se la densit` di massa e a ·0 degli oggetti centrali a z 0, stimata nel precedente paragrafo, possa essere confrontabile con quanto ci aspettiamo dall'attivit` degli AGN. a L'ipotesi fondamentale ` che l'accrescimento di materia sui buchi neri supermase sivi sia l'unico processo alla base della produzione dell'energia nelle galassie di tipo quasar. Per stimare la densit` di massa delle singolarit` centrali nelle galassie attive, a a ·AGN , si considera inizialmente una quantit` direttamente misurabile, la funzione a di luminosit` degli AGN, (L, z ), che dipende anche dal reshift z . a La quantit` a (L, z )dL = dN (3.3)

23


rappresenta dunque il numero di AGN con luminosit` compresa tra L ed L + dL ad a un determinato redshift z per unit` di volume comovente, mentre a dL = L(L, z )dL , la densit` di luminosit` degli AGN ad un certo redshift z per a a volume. A partire dalla quantit` dL, una densit` di potenza, si a a densit` di energia per volume comovente du; per farlo ` dunque a e la variabile tempo, relazionata per` al redshift (t = t(z )). o variabile t(z ) sar` dunque dato da a dt = dt dz dz , (3.4) la medesima unit` di a vuole determinare la necessario introdurre Il differenziale della

(3.5)

dove il rapporto (dt/dz ) ` una propriet` della cosmologia considerata. e a La densit` di energia du risulta quindi a du = L(L, z )dLdt = L(L, z ) dt dz . dz (3.6)

Integrando questa quantit` si ottiene la densit` di energia comovente prodotta da a a tutti gli AGN dt UT = dz L(L, z )dL . (3.7) dz 0 0 Per arrivare a valutare ·AGN , si assume che la luminosit` di un AGN sia fornita a esclusivamente dal processo di accrescimento di materia sul SMBH posto al centro, con un'efficienza di conversione massa-energia . La luminosit` di un AGN pu` dunque essere scritta come a o L = M c2 . (3.8)

e Se M ` la quantit` di materia necessaria ad irraggiare tale luminosit` quella che a a, invece andr` ad accrescere il BH sar` a a M· = (1 - )M , e dunque M= M· . (1 - ) M· c2 . (3.9)

(3.10)

Inserendo questa relazione nella (3.8) si ottiene L= (1 - ) (3.11)

24


D'altra parte, M· rappresenta l'incremento di massa del BH nell'intervallo di tempo dt, e quindi dM· 2 L= c, (3.12) (1 - ) dt dalla quale possiamo ricavare la variazione di massa per il BH dM· = (1 - ) Ldt , c2 (3.13)

dove L ` la luminosit` dell' AGN considerato. e a Dalla stima delle quantit` per il singolo BH si passa a valutare la totalit` degli a a oggetti, si moltiplica cio` la variazione di massa dM· per la densit` numerica di e a AGN di luminosit` compresa tra L ed L + dL a redshift z , ottenendo la variazione a della densit` di massa dei BH: a d·
AGN

(L, z ) = dM· dN =

(1 - ) Ldt (L, z )dL . c2

(3.14)

Infine, integrando sulla luminosit` e sul redshift, e ricordando la (3.7), si trova a la densit` di massa dei BH attesa dall'attivit` degli AGN a a
·AGN

(L, z ) =

(1 - ) c2

0

dt dz dz



L(L, z )dt =
0

(1 - ) UT . c2

(3.15)

La densit` di energia totale comovente degli AGN, determinata dalla (L, z ) a osservata, vale UT 3.0 â 10-15 erg s-1 , e dunque il valore della densit` di massa a delle singolarit` centrali che risiedono all'interno di galassie attive risulta essere a ·
AGN

4.4 â 105

M . M pc3

(3.16)

Il valore determinato mediante l'argomento di Soltan risulta perfettamente consistente, entro gli errori di misura, con quello che ` stato stimato per gli oggetti e centrali a z = 0 nel precedente paragrafo. Tale risultato ci porta a concludere che i buchi neri presenti nell'universo locale all'interno delle galassie quiescenti siano effettivamente ci` che rimane dei motori o centrali presenti negli AGN, responsabili delle luminosit` osservate. a In questo scenario, dopo l'intenso periodo di attivit` comune a tutte le galassie, a il BH si "spenge" a seguito di una mancanza di materia disponibile all'accrescimento nella regione in cui la sua influenza ne permette la "caduta".

25


Lo studio delle relazioni che intercorrono tra i buchi neri supermassivi e le propriet` su larga scala delle galassie che li ospitano ha messo in evidenza le strettissime a correlazioni che legano questi oggetti. La relazione di linearit` che sussiste tra le loro masse, in particolar modo, lascia a supporre che sia la formazione della galassia, che i vari stadi evolutivi, siano in qualche modo regolati dall'oggetto centrale, e che la fase di attivit` quasar, comune a a tutte le galassie, e quindi indipendente dalle caratteristiche che possono distinguerne una rispetto ad un'altra, avvenga in concomitanza della fase di crescita del buco nero. Nel paragrafo 2.1.2 abbiamo fatto notare come la relazione tra M· e sia caratterizzata da una dispersione intrinseca molto piccola ( 0.3 dex), e come questo possa far pensare ad un nesso tra la fase di crescita del BH e quella di formazione stellare all'interno della galassia. Inoltre la perfetta consistenza dei valori riscontrati per la densit` di massa degli a oggetti locali e di quelli risiedenti nelle galassie attive, sorprendente soprattutto perch´ tali valori sono stati determinati a partire da argomenti completamente ine dipendenti, sembra non lasciare dubbio sul fatto che i BH locali siano proprio i resti di una fase attiva ormai cessata. Nonostante le limitate dimensioni della sfera di influenza del BH rispetto al volume occupato dalla galassia, rh M· =f 10 Re MS ph
-3

,

(3.17)

tutte le precedenti considerazioni fanno supporre che sia proprio il buco nero supermassivo al centro della galassia ospite a regolarne formazione ed evoluzione, secondo un meccanismo di feedback. ` E possibile infatti spiegare mediante un semplice modello fisico come il BH, una volta raggiunto un valore limite della massa, sia in grado di "spazzare", a causa dei getti e dei venti prodotti, il gas presente nella regione nucleare verso le regioni periferiche della galassia. In questo modo viene arrestata non solo la crescita dello stesso buco nero, che non ha piu materiale disponibile all'accrescimento, ma anche ` la formazione stellare. L'analisi di tale modello, che ` oltre lo scopo di questa tesi, ` ci` che permette di e eo spiegare come il rapporto tra massa del buco nero e velocit` di dispersione stellare a 4 risulti infine fissato alla relazione M· .

26


App endice
T.M. Cygnus A Milky Way M32 M31 NGC 821 NGC 1023 NGC 1300 NGC 1399 NGC 2778 NGC 2787 M81 NGC 3115 NGC 3227 NGC 3245 NGC 3377 NGC 3379 NGC 3384 NGC 3608 NGC 3998 NGC 4151 NGC 4258 NGC 4261 NGC 4291 NGC 4342 M84 NGC 4459 NGC 4473 M87 E SBbc S0 Sb E SB0 SBbc E SB0 SB0 Sb S0 Sb S0 E5 E SB0 E2 S0 SBab SBbc E2 E2 S0 E S0 E5 E0 D (M pc) 232 0.008 0.8 0.8 24.1 11.4 20.7 20.0 22.9 7.5 3.9 9.7 20.3 20.9 11.2 10.6 11.6 22.9 14.1 20.0 7.2 31.6 26.2 17.0 18.4 16.1 15.7 16.1 (k m/s) 270 ± 14 100 ± 5 72 ± 4 170 ± 9 200 ± 10 204 ± 10 229 ± 11 329 ± 16 162 ± 8 210 ± 10 162 ± 8 252 ± 13 133 ± 7 210 ± 10 139 ± 7 207 ± 10 148 ± 7 192 ± 10 305 ± 15 156 ± 8 134 ± 7 309 ± 15 285 ± 14 253 ± 13 281 ± 14 178 ± 9 179 ± 9 332 ± 17 M· (108 M ) 25.0+7.0 -7.0 0.037+0.002 -0.002 0.025+0.005 -0.005 1.4+0.9 -0.3 0.85+0.35 -0.35 +0.05 0.44-0.05 0.73+0.69 -0.35 4.8+0.7 -0.7 0.14+0.08 -0.09 0.41+0.04 -0.05 0.76+0.22 -0.11 . 9.1+1083 -2. +0.10 0.14-0.06 2.1+0.5 -0.5 0.8+0.05 -0.06 1.4+2.7 -1.0 0.16+0.01 -0.02 0 1.91.0.6 - +2.0 2.2-1.7 0.65+0.07 -0.07 0.39+0.01 -0.01 5.2+1.0 -1.1 3.1+0.8 -2.3 3.3+1.9 1. 1 4.64+3.46 -1.83 0.70+0.13 -0.13 1.1+0.4 -0.8 34+10 -10 Re (k pc) 30 ± 8 0.70 ± 0.20 0.10 ± 0.02 1.0 ± 0.3 20 ± 5 1.2 ± 0.3 0.58 ± 0.06 12.3 ± 1.2 0.25 ± 0.07 0.32 ± 0.08 3.4 ± 0.9 4.7 ± 1.2 0.34 ± 0.03 1.3 ± 0.3 5.4 ± 1.3 2.9 ± 0.7 0.49 ± 0.12 4.3 ± 1.1 0.69 ± 0.07 0.85 ± 0.09 0.92 ± 0.23 6.5 ± 1.6 2.3 ± 0.6 0.44 ± 0.11 8.1 ± 2.1 15 ± 4 2.8 ± 0.7 6.4 ± 1.6 LK (1011 L ) 16 ± 1 0.17 ± 0.02 0.017 ± 0.002 0.27 ± 0.02 1.7 ± 0.2 0.52 ± 0.05 MS ph (1011 M ) 25 ± 9 0.082 ± 0.032 0.0060 ± 0.0021 0.34 ± 0.14 9.3 ± 3.3 0.58 ± 0.20 0.35 ± 0.07 16 ± 3 0.076 ± 0.028 0.16 ± 0.06 0.62 ± 0.22 3.5 ± 1.3 0.070 ± 0.014 0.67 ± 0.22 1.2 ± 0.4 1.4 ± 0.5 0.12 ± 0.04 1.8 ± 0.6 0.75 ± 0.15 0.24 ± 0.05 0.19 ± 0.07 7.2 ± 2.5 2.2pm0.8 0.33 ± 0.11 7.4 ± 2.7 5.5 ± 2.0 1.0 ± 0.4 8.2 ± 2.9

0.32 0.068 0.90 1.2 0 0 0 0 0 .43 .56 .98 .22 .90

± ± ± ± ± ± ± ± ±

0 0 0 0 0 0 0 0 0

.03 .006 .08 .1 .04 .05 .09 .02 .08

0.19 ± 0.02 3.6 ± 0.3 0.74 ± 0.07 0.090 ± 0.008 3.9, 0.4 1.3 ± 0.1 0.68 ± 0.06 3.6 ± 0.3

27


T.M. NGC 4486a NGC 4564 NGC 4596 NGC 4649 NGC 4697 NGC 5077 Cen A NGC 5252 NGC 5845 NGC 6251 NGC 7052 NGC 7582 NGC 2974 NGC 3414 NGC 4552 NGC 4621 NGC 5813 NGC 5846 E S0 SB0 E1 E4 E S0 S0 E3 E E4 SBab E S0 S0 E E E

D (M pc) 17.0 15.0 17.0 16.8 11.7 41.2 3.8 103.5 25.9 104.6 66.4 22.0 21.5 25.2 15.3 18.3 32.2 24.9

(k m/s) 110 ± 6 157 ± 8 149 ± 7 335 ± 17 174 ± 9 255 ± 13 120 ± 6 190 ± 10 233 ± 12 311 ± 16 277 ± 14 156 ± 8 227 ± 11 237 ± 12 252 ± 13 225 ± 11 239 ± 12 237 ± 12

M· (108 M ) 0.13+0.08 -0.08 0.56+0.03 -0.08 0.79+0.38 -0.33 20+4 -6 1.7+0.2 -0.1 7.4+4.7 -3.0 0.49+0.18 -0.11 . 10.6+1603 -5. 2.4+0.4 -1.4 5.9+2.0 -2.0 3.7+2.6 -1.5 0.55+0.26 -0.19 1.7+0.3 -0.3 2.5+0.4 -0.4 4.8+0.8 -0.8 4.0+0.6 -0.6 7.0+1.1 -1.1 11.0+2.0 -2.0

Re (k pc) 0.41 0.32 1.0 8.1 9.1 ± ± ± ± ± 0 0 0 2 2 . . . . . 04 07 2 0 3

LK (1011 L ) 0.47 0.25 4.3 1.4 1.1 3.9 0.33 9.0 4.7 ± ± ± ± ± ± ± ± ± 0 0 0 0 0 0 0 0 0 . . . . . . . . . 04 02 4 1 1 4 03 8 4

MS ph (1011 M ) 0.058 ± 0. 0.092 ± 0. 0.26 ± 0. 11 ± 4 3.2 ± 1. 0.55 ± 0. 4.4 ± 1. 0.32 ± 0. 12 ± 3 9.8 ± 2. 012 021 09 1 19 5 11 4

3.3 ± 0.8 10 ± 3 0.50 ± 0.12 11 ± 3 11 ± 3

Tabella 1: In tabella ` riportato il campione di dati utilizzato. (1): oggetto. (2): T.M., tipo e
morfologico. (3): D, distanza in M pc. (4): , velocit` di dispersione in k m s-1 . (5): M· , massa a del buco nero in 108 M . (6): Re , raggio effettivo dello sferoide in k pc. (7): LK , luminosit` in a 11 11 banda K ( = 2.2µm) in 10 M . (8): MS ph , massa dello sferoide in 10 M .

28


Bibliografia
[FF05] L. Ferrarese and H. Ford. Supermassive Black Holes in Galactic Nuclei: Past, Present and Future Research. Space Science Reviews, 116:523­624, February 2005.

[FHP98] M. Fukugita, C. J. Hogan, and P. J. E. Peebles. The Cosmic Baryon Budget. ApJ, 503:518­+, August 1998. [FJ76] S. M. Faber and R. E. Jackson. Velocity dispersions and mass-to-light ratios for elliptical galaxies. ApJ, 204:668­683, March 1976. L. Ferrarese and D. Merritt. A Fundamental Relation between Supermassive Black Holes and Their Host Galaxies. ApJ, 539:L9­L12, August 2000.

[FM00]

[GBB+ 00] K. Gebhardt, R. Bender, G. Bower, A. Dressler, S. M. Faber, A. V. Filippenko, R. Green, C. Grillmair, L. C. Ho, J. Kormendy, T. R. Lauer, J. Magorrian, J. Pinkney, D. Richstone, and S. Tremaine. A Relationship between Nuclear Black Hole Mass and Galaxy Velocity Dispersion. ApJ, 539:L13­L16, August 2000. [Gra08a] A. W. Graham. Fundamental Planes and the Barless MB H - Relation for Supermassive Black Holes. ApJ, 680:143­153, June 2008. [Gra08b] A. W. Graham. Populating the galaxy velocity dispersion - supermassive black hole mass diagram: A catalogue of (M bh, sigma) values. ArXiv e-prints, July 2008. [KR95] J. Kormendy and D. Richstone. Inward Bound--The Search For Supermassive Black Holes In Galactic Nuclei. ApJ, 33:581­+, 1995.

[Mar03] L. K. Marconi, A. & Hunt. The Relation between Black Hole Mass, Bulge Mass, and Near-Infrared Luminosity. ApJ, 589:L21­L24, May 2003.

29


[Sol82]

A. Soltan. Masses of quasars. ApJ, 200:115­122, July 1982.

30